Parker, forse più di ogni altro musicista di quegli anni, ha fatto del jazz la scelta “inevitabile” per ogni giovane e creativa mente musicale cresciuta nel mondo del secondo dopoguerra. Anche il nuovo jazz italiano degli anni Cinquanta e Sessanta parlerà i linguaggi spericolati del bop o del cool, di casa anche nelle colonne sonore di Cinecittà. Tra i non pochi talenti italiani emergenti, quello di Rava appare da subito uno dei più limpidi.
Solo apparentemente legato alle poetiche di Miles Davis e di Chet Baker, Rava sviluppa da subito una voce strumentale e poetica unica, piena di canto anche nelle situazioni più impervie ed infuocate.
La sua visione compositiva è originalissima e la sua leadership è davisianamente imperniata sulla capacità di portare a maturazione giovani talenti come quelli del quintetto che il Chiozzini è lieto di presentare.
Enrico Rava è uno degli autentici maestri di quel jazz di oggiche così tanto deve alle intuizioni di Bird.