Tomorrow Is The Question è il titolo-manifesto del secondo disco di Ornette Coleman, ma è anche uno dei temi chiave su cui il caleidoscopico panorama del jazz di fine anni Cinquanta si stava interrogando con forza. Era, quello, il mondo conflittuale della guerra fredda ma anche il mondo nel quale artisti inquieti pensavano coraggiosamente di dover riscrivere la tradizione, così come nei decenni precedenti avevano fatto Armstrong, Ellington e Parker. Il jazz, dicevano, non può vivere di pura conservazione. La convinzione, la tenacia e le intuizioni di Ornette finirono col coinvolgere i musicisti più rispettati come Coltrane e Rollins, ma addirittura i padri del morbido cool jazz di inizio decennio come John Lewis e Jimmy Giuffre. A distanza di più di mezzo secolo da quel 1959, il jazz ha saputo inglobare molte di quelle novità formali all’interno delle proprie pratiche creative, ha moltiplicato le occasioni di riflessione didattica e critica sulla propria tradizione, inserendosi senza timori reverenziali nei migliori conservatori, e si fa ascoltare in innumerevoli festival attraverso l’arte di musicisti dal livello generale altissimo. Scoprendo che la più grande risorsa è la propria splendida e vitale tradizione, anche quella che mezzo secolo fa era erroneamente considerata avanguardia senza radici. Mantova Jazz 2015 intende presentare, grazie ad un cartellone quest’anno particolarmente ricco e qualitativo, un panorama il più ampio e differenziato dei molti modi nei quali la tradizione sa essere il migliore degli strumenti per dare vita e forma al gesto creativo.